venerdì 28 febbraio 2014

Quello che Sanremo non mostra

Domenica scorsa, tornando dal Dopofestival con Filippo Solibello, ho raccontato su facebook di un momento magico in coda al Festival di Sanremo: una performance notturna che due degli otto giovani in gara all'Ariston (Diodato e Filippo Graziani), Roy Paci e un manipolo di musicisti ci hanno regalato sabato notte, attorno alle quattro di mattina, in un locale sanremese dal fascino molto particolare chiamato La Cave. Ne scrivevo così:
Finalmente ho capito perché sono venuto a Sanremo. Alle 3.30 a La Cave, stasera, una performance incredibile, davanti a meno di 100 persone, organizzata da Roy Paci, con Diodato alla voce e Filippo Graziani alla batteria (che non sarebbe il suo strumento) entrambi appena usciti dall'Ariston, e con diversi altri musicisti molto bravi: il dio della musica era presente nel locale e non certo a causa dei due vodka lemon consumati. Hanno suonato pezzi dei Queens of the Stone Age e dei Radiohead. Siamo venuti via alle 5.15 che ancora suonavano. Raramente ricordo di essermi emozionato così tanto ascoltando qualcuno suonare. E alcuni di loro non avevano mai provato assieme. Mi sono reso conto che sul palco dell'Ariston danno il 10% di quello che potrebbero dare. E noi a impazzire. Ma c'è dell'altro. "Siamo musicisti", mi ha detto Filippo Graziani. Vorrei davvero ringraziare tutti loro.
Roy Paci (sopra) Filippo Graziani (qui sotto)
Diodato (sotto a sinistra)
Penso di essere riuscito a rendere grosso modo l'idea visto che quasi 250 persone hanno messo un like, anche se molti hanno ritenuto di precisare qualcosa: Giorgio ha scritto che tecnicamente si trattava di una after hours jam session (e questo lo sapevo), Daniela mi ha scritto che al posto dei due vodka lemon avrebbe bevuto del gin tonic (che è poi quello che faccio di solito) mentre Massimo avrebbe preferito del whisky liscio (quello preferisco prenderlo a casa, mai nei locali) e infine Paolo mi ha spiegato che il mio stupore per la ottima batteria di Filippo Graziani era malriposto visto che quello è di fatto il suo strumento principale (e questo NON lo sapevo).

Ma la cosa principale per me era sottolineare che gli artisti sanremesi della gara se ne fregano abbastanza: Diodato e Filippo Graziani erano addirittura nello stesso "girone": il primo si era qualificato per la finale e il secondo no, ma quando c'è da suonare sul serio eccoli lì. E l'altra cosa è che i pezzi per la gara mostrano solo una minima frazione di quello che sanno fare: come se chiedessi a un grande romanziere di scrivere un racconto per il giornalino del quartiere. Te lo fa, e anche bene, ma poi ama fare e fa altro.

Perché ne riparlo oggi? Perché sono usciti su youtube due filmati di quella serata. Li ho guardati con il timore di scoprire di avere sopravvalutato il momento. Magari senza i due vodka lemon, la qualità sarebbe scomparsa. E invece direi di no. Certo, non c'è più la magia notturna di quel momento, ma forse qualcuno, gustandosi questi due video, riuscirà a catturarla nuovamente. Nel primo il protagonista è Roy Paci, nel secondo Diodato canta e Filippo Graziani alla batteria interpretano Make It Wit Chu dei Queens of the Stone Age. Avrei voluto citare anche tutti gli altri musicisti, ma non ne conosco i nomi. Grazie ancora a tutti, compreso Belisario della Cave che mi ha mandato le foto.

giovedì 13 febbraio 2014

mercoledì 12 febbraio 2014

Largo all'avanguardia!

Le estati dei primi anni '80 sono per me indissolubilmente legate alla compagnia della montagna e agli Skiantos.

Ogni anno passavo con madre e le sorelle non meno di due mesi a Caspoggio, un paese a 1000 metri di altezza, poco a nord di Sondrio, adagiato un po' in pendenza sopra una terrazza della Valmalenco, la valle laterale della Valtellina che arriva fino al Bernina. Adesso è una valle chiusa ma una volta dal passo del Muretto si varcavano le Alpi, ma questa è un'altra storia. Mio padre stava su solo per le sue tre settimane di ferie, per il resto si faceva vedere esclusivamente nei fine settimana il che, considerando il suo carattere, costituiva a fare di quelle vacanze il momento di maggiore rilassamento dell'intera annata.

Se d'inverno, con la seggiovia, si potevano raggiungere piste da sci spartane e ripidissime (così diverse da quelle dei posti fighi) d'estate, per noi villeggianti, c'era teoricamente meno da fare.

Ma tutto sommato io mi divertivo lo stesso. Il passatempo più impegnativo era costituito dalle passeggiate in montagna, diretti al Rifugio Porro, alla Capanna Marinelli o verso la vetta del Pizzo Scalino (quando volevamo strafare), oppure in cerca di funghi, mirtilli o "sassi" (la valle è ricca di quarzo e altri minerali rari). Talvolta si giocava a carte o a pallone. Ma la maggior parte dei nostri pomeriggi erano spesi a guardare gli altri giocare a tennis.

Con gli amici della compagnia, ci sedevamo sul muretto che scorreva sul lato lungo dei campi di tennis, verso le due del pomeriggio, a valutare distrattamente, fino alle sette di sera, le performance dei, sinceramente penosi, giocatori schierati sui tre campi contigui che erano stati realizzati pochi anni prima su un'unica colata di cemento piuttosto dozzinale. Fondamentalmente però le partite rimanevano al margine della nostra attenzione, occupati come eravamo a parlare degli affari nostri: amore, politica, calcio, ma soprattutto musica.

La compagnia era costituita da una ventina di “villeggianti” (questo era il nome che ci distingueva dai “caspoggini” anche nelle mitiche partite di pallone che organizzavamo ogni estate) anche se, per la turnazione delle vacanze familiari, la consistenza media giornaliera del gruppo si aggirava attorno ai dieci elementi. Tutti giovani frutti della periferia di Milano, della Brianza, del Varesotto. Piccola borghesia, perlopiù, anche se non mancava qualche elemento decisamente benestante.

Nel gruppo a un certo punto fecero la loro comparsa due ragazzi di Bergamo, o della provincia di Bergamo, non ricordo bene: Lorenzo e Cespuglio. Cespuglio, in particolare, era un grande esperto di esibizioni all'air guitar (allora non si chiamava ancora così) specie su canzoni dei Led Zeppelin durante le quali cercava di scuotere la sua folta capigliatura la quale però, essendo crespissima, da cui il soprannome cespuglio, non ne assecondava le ambizioni.

Uno dei due, non ricordo quale, aveva un'audiocassetta c90 completmente viola, sui cui due lati aveva registrato, di frodo, come si faceva allora, il secondo e il terzo album degli Skiantos: MONO tono e Chinotto, anzi Kinotto, due capolavori assoluti del rock demenziale, addobbandola anche con una serie di foto e di ritagli di giornale relativi agli Skiantos: un vero e proprio libretto punk.

Il gruppo bolognese costituiva per me un nebuloso mito, legato alle intemperanze di quel periodo: li avevo visti dal vivo forse un paio di volte, di sicuro al concerto per Demetrio Stratos all'Arena nel 1979 e potevo essere considerato un loro fan, anche se allora c'era un rapporto diverso con i miti del rock alternativo che la parola fan non descrive esattamente, e così mi feci prestare tanto spesso quella cassetta, nel corso di due o tre estati, che alla fine Lorenzo (o Cespuglio) decise, a sorpresa, di regalarmela.

Io la tenni a lungo come una reliquia, ascoltandola ogni tanto finché, una decina di anni più tardi, come inviato di Radio Popolare, andai a intervistare allo Zelig il leader degli Skiantos, Freak Antoni, e gli chiesi di firmarmi quella cassetta viola, realizzata in barba a qualsiasi norma sui diritti d'autore: Freak lo fece trasformandola in una sorta di copia autorizzata.

Ripetei anni dopo il gioco, anni dopo, con Stefano “Sbarbo” Cavedoni, un'altra delle menti del gruppo, (autore, tra le altre, di Io ti amo da matti (Sesso e Karnazza)), il quale nel frattempo era diventato amico mio. In quegli anni - mi dice Elena che abitava con Luisa e con me in via Tiziano, a Milano - spesso cantavo Mi piaccion le sbarbine quando pulivo la casa. Quelle rare volte.

Ho ancora da qualche parte quella splendida c90 viola firmata da Freak e da Sbarbo: dei milioni di cassette fraudolente prodotte in quegli anni penso che quella sia una delle poche al mondo ad essere stata sdoganata dagli stessi autori dei brani copiati.

Oggi ho cercato nello sgabuzzino quella cassetta viola per postarla qui, ma non c'è stato verso di reperirla. In compenso ho trovato la cassetta dell'intervista a Freak che avevo fatto attorno al 1990 allo Zelig per Radio Popolare, il giorno che mi firmò l'altra quella viola. Non è proprio la stessa cosa, ma insomma. E comunque adesso non ho più un solo lettore di audiocassette per ascoltare cosa diavolo mi disse sulla cassetta nera, né per ascoltare la cassetta viola, ammesso che la trovi.